La Terza Sezione Civile della Corte Suprema di Cassazione, rigettando il ricorso formulato dall’ASL di Brindisi, ha definitivamente accertato la responsabilità del medico specialista e della struttura sanitaria, per la morte di una giovane paziente, a seguito del ritardo diagnostico di una grave malattia oncologica.
Nel lontano 2007, la giovane donna si era rivolta all’Avv. Tonia Gigante e all’Avv. Fernando Greco, per intentare causa contro lo specialista e l’ASL competente, per l’accertamento della responsabilità e il conseguente risarcimento dei danni, anche non patrimoniali, a causa della condotta negligente del medico, per aver diagnosticato tardivamente una patologia tumorale dell’utero; la paziente si era, invero, agli esordi della sintomatologia, si era rivolta alle cure dello specialista e si era sottoposta a operazione per il prelievo di un campione di tessuto da sottoporre a esame istologico: esame che non veniva mai eseguito. A seguito dell’aggravamento dei sintomi, ovverosia con un ingiustificato ritardo di diversi mesi, si addiveniva alla scoperta di un tumore maligno molto invasivo, già in uno stadio metastatico, che avrebbe condotto la giovane, dopo una serie di ricoveri, interventi e cicli chemio e radioterapici, a una morte prematura, durante il processo di primo grado, celebratosi innanzi al Tribunale di Brindisi. Il giudice di prime cure accertava che l’inferenza tra il ritardo nella diagnosi e la rapida progressione della patologia neoplastica, con una diretta influenza sulle scelte terapeutiche a disposizione e una sensibile diminuzione delle probabilità di sopravvivenza, ponderate dai consulenti tecnici d’ufficio nella quota di 15/20 %.
Il pronunciamento veniva confermato dalla Corte d’Appello di Lecce, che rigettava l’appello proposto dall’Azienda Sanitaria Locale: la condotta gravemente negligente dello specialista aveva pregiudicato la sopravvivenza della giovane paziente; in punto di diritto, ciò si traduceva nell’accertamento del danno integrato dall’aver perso la possibilità di sfruttare prospettive terapeutiche migliori, ovvero cure più proficue, con conseguenti migliori prospettive diagnostiche e prognostiche, e nella liquidazione in favore degli eredi.
Con la recentissima ordinanza, anche la Terza Sezione Civile della Cassazione ha ritenuto del tutto condivisile le ragioni decisorie espresse nei due precedenti gradi di giudizio, chiarendo come il danno da perdita anticipata della vita va distinto da quello da perdita di “chance” di (maggiore) sopravvivenza, posto che, se la morte è intervenuta, l’incertezza eventistica (che di quest’ultima costituisce il fondamento logico, prima che giuridico) è stata smentita da quell’evento. Al contempo, se la vittima, vivente al momento dell’introduzione del giudizio, sia deceduta al momento della liquidazione del danno, ove sia certo che l’errore medico abbia causato la morte anticipata del paziente, quest’ultimo può avere patito e trasmesso agli eredi un danno biologico differenziale e un danno morale da lucida consapevolezza della morte imminente (non un danno da “perdita anticipata della vita”, risarcibile iure proprio agli eredi); ove sia incerto che l’errore medico abbia causato la morte, il paziente può aver patito, in relazione al tempo di vita vissuto e trasmesso agli eredi, un danno da perdita di chance di sopravvivenza (ma non un danno da “perdita anticipata della vita”).
L’Avv. Tonia Gigante e l’Avv. Fernando Greco, soci fondatori del nostro Studio, esprimono soddisfazione per l’esito di una vicenda umana particolarmente delicata, complessa e professionalmente probante, per quanto sia oggettivamente impossibile attribuire il giusto valore a una giovane vita interrotta troppo precocemente.