La Sezione specializzata in materia di Impresa del Tribunale di Bari ha accolto l’azione di responsabilità ex art. 146 legge fall., promossa dalla Curatela di una Società a responsabilità limitata, avverso l’ex amministratore unico (poi amministratore di fatto). La causa è stata patrocinata dal Prof. Fernando Greco.

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Nell’azione di responsabilità esercitata, ai sensi dell’art. 146 legge fall. si cumulano le azioni di responsabilità contemplate dagli artt. 2393 e 2394 c.c., unitariamente finalizzate al risultato di acquisire all’attivo fallimentare, a tutela degli interessi sia della massa dei creditori sia della società fallita, ciò che sia stato sottratto al patrimonio sociale per mala gestio degli amministratori[1].

La difesa della Curatela, a sostegno della domanda, aveva esposto, oltre alla intervenuta dichiarazione di fallimento e al mancato rinvenimento di scritture contabili, che, a fronte di una totale mancanza di attivo (nonché sulla scorta della documentazione contabile ricostruita dalla Guardia di Finanza, in sede di indagini), era stata riscontrata una considerevole perdita di esercizio e un forte peggioramento della situazione debitoria; ciò nonostante, l’amministratore non aveva provveduto, ai sensi dell’art. 2482ter c.c. Di talché era presumibile una sottofatturazione o una distrazione delle rimanenze; peraltro, la Curatela era stata anche destinataria di avvisi di accertamento per omessa presentazione di dichiarazioni valide ai fini delle imposte dirette e dell’IVA.

Ciò premesso, il Tribunale barese, condividendo anche le conclusioni tratte dal consulente tecnico d’ufficio, ha accolto la domanda attorea, dal momento che l’amministratore aveva omesso di convocare l’assemblea, per la necessaria riduzione del capitale al disotto del minimo legale (ai sensi dell’art. 2482ter c.c.), né, parimenti, si era attivata per lo scioglimento e la liquidazione della società, a norma dell’art. 2484 c.c. Per di più, non era stata rinvenuta dal Curatore la liquidità asseritamente disponibile e, dalla documentazione contabile, risultava un costo del venduto pari al doppio dei ricavi conseguiti, elemento evidentemente sintomatico di una sottofatturazione o, in alternativa, di una omessa rilevazione in contabilità delle rimanenze finali di magazzino. Inoltre, non risultava esibita, per alcune annualità, documentazione amministrativa e contabile.

Siffatte condotte sono state giudicate gravemente omissive e commissive, concorrendo a integrare ipotesi di mala gestio, in violazione del generale dovere di diligenza, previsto dall’art. 2476 c.c.

Con precipuo riferimento alla quantificazione del danno, il Tribunale richiama il pronunciamento delle Sezioni Unite, per cui «nell’azione di responsabilità promossa dal curatore a norma della L. Fall., art. 146, comma 2, la mancata (o irregolare) tenuta delle scritture contabili, pur se addebitabile all’amministratore convenuto, non giustifica che il danno risarcibile sia determinato e liquidato nella misura corrispondente alla differenza tra il passivo accertato e l’attivo liquidato in sede fallimentare: tale criterio può essere utilizzato solo quale parametro per una liquidazione equitativa ove ne sussistano le condizioni, semprechè il ricorso ad esso sia, in ragione delle circostanze del caso concreto, logicamente plausibile e, comunque, l’attore abbia allegato un inadempimento dell’amministratore almeno astrattamente idoneo a porsi come causa del danno lamentato, indicando le ragioni che gli hanno impedito l’accertamento degli specifici effetti dannosi concretamente riconducibili alla condotta dell’amministratore medesimo»[2].


[1] Cfr. Cass. Civ., Sez. Un., n. 9100/2015.

[2] Cfr. Cass. Civ., Sez. Un., n. 9100/2015.