La Corte d’Appello di Torino, dopo l’annullamento con rinvio, da parte della Corte Suprema di Cassazione, della precedente decisione, ha definito una vicenda umana particolarmente gravosa, che ha visto protagonisti la vedova di un giovane motociclista barese venuto a mancare a seguito di un grave sinistro stradale, nel novarese, e il figlio ancora non nato all’epoca del tragico evento luttuoso. Il Collegio torinese, accogliendo le argomentazioni del nostro Studio Legale, ha accertato la responsabilità civile di ANAS, per difetto di manutenzione del manto stradale e, più precisamente, per un’anomalia di un giunto, che ha concorso a provocare la perdita di controllo del motociclo, che veniva sbalzato sull’opposta corsia, impattando contro un autoarticolato, che procedeva in senso contrario.
«La Corte d’Appello, condividendo le nostre argomentazioni in punto di responsabilità per cose in custodia» sottolinea il Prof. Fernando Greco, difensore della vedova e del figlio nascituro assieme all’Avv. Marianna De Pasquale, «ha riconosciuto il risarcimento del danno non patrimoniale da perdita del rapporto parentale, in favore della coniuge, all’epoca del sinistro in attesa del loro figlio, nonché in favore di quest’ultimo, che non ha mai potuto conoscere il padre: circostanza che, chiaramente, nessun risarcimento pecuniario potrà alleviare».
La sentenza della Corte torinese interviene a distanza di circa 14 anni dalla verificazione del sinistro e dopo un peregrinare giudiziario, avviato nel 2012, che aveva visto i congiunti della vittima soccombenti nel primo giudizio di secondo grado, per avere la Corte d’Appello ritenuto non comprovata “con certezza” la relazione causale tra il sinistro e l’insidia stradale. Con il patrocinio del nostro Studio Legale, la vedova (anche in rappresentanza del figlio minore) ha proposto ricorso in Cassazione, ottenendo la riforma della sentenza, con l’espressione di due dirimenti principi di diritto in tema di responsabilità del custode e nesso eziologico, con rinvio alla Corte territoriale, in diversa composizione, la quale, come anticipato, ha definito, a febbraio, il merito, liquidando il danno in favore dei due eredi.
Il pronunciamento del Collegio sabaudo ha rispettato pienamente i principi espressi dalla Corte Suprema di Cassazione, nell’ordinanza di rinvio, secondo cui il giudizio di responsabilità deve fondarsi su circostanze fattuali gravi, precise e concordanti (e non meramente ipotetici o supposti come probabili); da questi fatti devono, poi, individuarsi ipotesti ricostruttive del nesso di causa, escludendo quelle meno probabili e scegliendo, tra quelle rimaste, l’alternativa che spiega il fatto con maggiore probabilità, sulla base degli indizi raccolti. Come sostenuto prima nel nostro ricorso e, successivamente, nella riassunzione, non serve né la certezza, né, tantomeno, una elevata probabilità, bensì una valutazione delle ipotesi alternative e la scelta di quella più probabile, anche se di poco, rispetto alle altre, che non necessariamente si ponga come di elevata probabilità; di talché, non può escludersi la responsabilità del custode sulla base di una valutazione meramente ipotetica.
Aderendo a tali linee guida e valorizzando le prove raccolte e la ricostruzione cinematica del CTU nel giudizio di primo grado, la Corte d’Appello ha ritenuto più probabile che l’incidente mortale sia stato causato dall’insidia sul manto stradale, rispetto ad altri ipotetici fattori, inclusa la condotta astrattamente imprudente della vittima, che non è stata, in ogni caso, sufficientemente comprovata e valutata tale da escludere la responsabilità del custode, per le condizioni in cui versava la strada (incidendo, unicamente, sulla riduzione del risarcimento, per concorso colposo).
Quanto alla liquidazione del danno da perdita del rapporto parentale, si segnala che la Corte, condividendo la rappresentazione proposta nell’atto di riassunzione, ha utilizzato le Tabelle del Tribunale di Milano del 2022, che elaborano un criterio equitativo della liquidazione del danno, secondo un sistema a punti, che tiene conto dell’età della vittima, di quella del congiunto, nonché della sopravvivenza di altri parenti nel nucleo primario e delle qualità e intensità della relazione.