Con una recentissima decisione, l’Arbitro per le Controversie Finanziarie (ACF) ha accolto integralmente le argomentazioni svolte dal nostro Studio Legale, in difesa di una investitrice di un primario Istituto di credito nazionale, che aveva investito, nell’ambito di un servizio di consulenza finanziaria, i propri risparmi in fondi di investimento e polizze unit linked, accusando ingenti perdite patrimoniali.

In particolare, è stata prioritariamente dedotta la nullità del contratto di deposito titoli, per difetto della forma scritta, ai sensi dell’art. 23 TUF, con consequenziale nullità di tutte le operazioni di investimento poste in essere “a valle”. Sul punto, oltre alla condotta dilatoria dell’Istituto (che aveva, dapprima, subordinato la consegna di copia della documentazione, in via stragiudiziale, alla corresponsione di un corrispettivo notevolmente esoso), ininfluente è stata giudicata la denuncia di smarrimento, per giunta coeva alla richiesta della cliente, priva dell’indicazione delle specifiche cause della perdita. Ciò premesso, sono state contestate una serie di gravi violazioni della normativa regolamentare in tema di obblighi informativi, attivi e passivi; nello specifico:

  • mancata informazione circa le caratteristiche e i rischi sottesi alle diverse operazioni di investimento;
  • disallineamento tra il profilo effettivo della cliente e le risultanze della profilatura MiFID;
  • mancata valutazione di appropriatezza e/o adeguatezza degli investimenti;
  • incompatibilità tra la complessità e la rischiosità medio-alta degli investimenti e l’età anagrafica/orizzonte temporale della cliente;
  • mancanza della valutazione di adeguatezza c.d. “rafforzata”, in relazione alle due polizze unit linked.

Il Collegio ritiene meritevoli di condivisione e di accoglimento tutte le difese spiegate dal nostro Studio. In primo luogo, certifica l’assenza di un valido contratto-quadro, mai prodotto dall’Intermediario resistente, neppure in corso di istruttoria. In secondo luogo, l’ACF ha valutato assorbente il mancato svolgimento della verifica di adeguatezza c.d. “rafforzata”, ex art. 133 Reg. Intermediari, finalizzata a verificare l’idoneità dei prodotti assicurativi rispetto alle specifiche esigenze manifestate dalla Cliente: nel caso di specie, queste ultime non risultavano mai menzionate nei report di consulenza, al pari delle ragioni per le quali sarebbero stati consigliati i prodotti negoziati, limitandosi alla proposizione di formule ciclostilate, inidonee a rappresentare un corretto adempimento degli obblighi informativi.

Ne consegue l’integrale risarcimento del danno patrimoniale sofferto dall’investitrice, eziologicamente connesso ai gravi inadempimenti contrattuali e informativi dell’Intermediario.

Con la recentissima decisione in oggetto, l’Arbitro per le Controversie Finanziarie (ACF) ha accolto integralmente le argomentazioni svolte dal nostro Studio Legale, in difesa di una investitrice di un primario Istituto di credito nazionale, che aveva investito, nell’ambito di un servizio di consulenza finanziaria, i propri risparmi in fondi di investimento e polizze unit linked, accusando ingenti perdite patrimoniali.

In particolare, è stata prioritariamente dedotta la nullità del contratto di deposito titoli, per difetto della forma scritta, ai sensi dell’art. 23 TUF, con consequenziale nullità di tutte le operazioni di investimento poste in essere “a valle”. Sul punto, oltre alla condotta dilatoria dell’Istituto (che aveva, dapprima, subordinato la consegna di copia della documentazione, in via stragiudiziale, alla corresponsione di un corrispettivo notevolmente esoso), ininfluente è stata giudicata la denuncia di smarrimento, per giunta coeva alla richiesta della cliente, priva dell’indicazione delle specifiche cause della perdita. Ciò premesso, sono state contestate una serie di gravi violazioni della normativa regolamentare in tema di obblighi informativi, attivi e passivi; nello specifico:

  • mancata informazione circa le caratteristiche e i rischi sottesi alle diverse operazioni di investimento;
  • disallineamento tra il profilo effettivo della cliente e le risultanze della profilatura MiFID;
  • mancata valutazione di appropriatezza e/o adeguatezza degli investimenti;
  • incompatibilità tra la complessità e la rischiosità medio-alta degli investimenti e l’età anagrafica/orizzonte temporale della cliente;
  • mancanza della valutazione di adeguatezza c.d. “rafforzata”, in relazione alle due polizze unit linked.

Il Collegio ritiene meritevoli di condivisione e di accoglimento tutte le difese spiegate dal nostro Studio. In primo luogo, certifica l’assenza di un valido contratto-quadro, mai prodotto dall’Intermediario resistente, neppure in corso di istruttoria. In secondo luogo, l’ACF ha valutato assorbente il mancato svolgimento della verifica di adeguatezza c.d. “rafforzata”, ex art. 133 Reg. Intermediari, finalizzata a verificare l’idoneità dei prodotti assicurativi rispetto alle specifiche esigenze manifestate dalla Cliente: nel caso di specie, queste ultime non risultavano mai menzionate nei report di consulenza, al pari delle ragioni per le quali sarebbero stati consigliati i prodotti negoziati, limitandosi alla proposizione di formule ciclostilate, inidonee a rappresentare un corretto adempimento degli obblighi informativi.

Ne consegue l’integrale risarcimento del nocumento patrimoniale sofferto dall’investitrice, eziologicamente connesso ai gravi inadempimenti contrattuali e informativi dell’Intermediario.